IL DEPOSITO DEGLI ATTI PENALI A MEZZO PEC

L’emergenza Covid-19 ha impresso un’accelerazione all’uso delle nuove tecnologie anche nel processo penale e, per quanto qui ci interessa, il Legislatore, con l’art. 24 del D.L. 137/2000 (cd. Decreto Ristori) e con la legge di conversione n. 176/2020, ha consentito finalmente l’uso della PEC per il deposito degli atti penali, modalità da sempre osteggiata dalla giurisprudenza, e non solo riguardo agli atti di impugnazione (ad esempio era considerato inammissibile il deposito della lista testi a mezzo PEC, salvo confidare nella sua stampa e nel suo tempestivo inserimento nel fascicolo da parte della cancelleria, nel qual caso il deposito era da ritenere ammissibile: Cass. 8.4.2021, n. 20929).

Timide spinte innovative si erano registrate solo grazie a Protocolli d’intesa sottoscritti a livello locale (ad esempio a Roma, Bolzano, Civitavecchia, Monza, Latina, ecc.) che prevedevano l’uso della PEC limitatamente a determinati atti (memorie, istanze di rinvio o anticipazione dell’udienza, ecc.).

Le disposizioni dell’art. 24 co. 4 e ss. del D.L. 137/2020 (prorogate dall’art. 16 del D.L. 228/2021 fino al 31.12.2022) hanno avuto il merito anche di introdurre una disciplina uniforme per tutto il territorio nazionale che, passata l’emergenza pandemica, verrà certamente “stabilizzata”, come peraltro dimostra il fatto che una delle deleghe concesse al Governo dalla cd. Riforma Cartabia (da esercitare entro un anno dall’entrata in vigore della L. 134/2021) riguarda proprio il “processo penale telematico” e tende a mantenere come canale privilegiato il deposito degli atti in modalità telematica in ogni stato e grado del procedimento (art. 1, co, 5, lett. a) L. 134/2021).

A) GLI ATTI CHE SI POSSONO DEPOSITARE VIA PEC.

Sono indicati, principalmente, nell’art. 24 co. 4, da leggere unitamente all’art. 24 co. 1 e al D.M. 13.1.2021 che elencano, invece, quelli che vanno depositati obbligatoriamente tramite il Portale Deposito Atti Penali (PDP) (art. 24 co. 1 e 2).

La lettura congiunta di queste norme evidenzia come il deposito facoltativo tramite PEC abbia carattere residuale, riguardando “tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2”, che, come detto, vanno obbligatoriamente depositati tramite PDP a pena di inefficacia (art. 24 co. 6). L’ambito di applicazione dell’art. 24 co. 4 è destinato ad assottigliarsi ulteriormente per effetto di futuri decreti ministeriali che indicheranno gli altri atti che andranno depositati tramite PDP (art. 24 c. 2).

A titolo esemplificativo, ai sensi dell’art. 24 co. 4 possono essere depositati tramite PEC le istanze di rinvio per legittimo impedimento, le adesioni alle astensioni, le istanze di dissequestro, la lista testi, la richiesta di riti alternativi, l’istanza di messa alla prova, le nomine dopo la trasmissione del fascicolo al GIP/GUP o al giudice del dibattimento.

In sede di conversione del D.L. 137/2020 sono stati introdotti i commi 6-bis, 6-quater e 6-quinquies che hanno esteso la modalità di deposito via PEC:

1.- alle impugnazioni, anche cautelari personali e reali (il comma  6-quinquies menziona le “ordinanze” in materia di misure cautelari reali sebbene il provvedimento impositivo del sequestro preventivo abbia la forma del decreto: art. 321 c.p.p.).

In questo modo si è superato il contrario indirizzo della Corte di Cassazione che, prima della legge di conversione, aveva ritenuto inammissibili le impugnazioni presentate con queste modalità (Cass. 30.10.2020, n. 487; Cass. 3.11.2020, n.32566).

2.- ai motivi nuovi e alle memorie;

3.- all’opposizione al decreto penale di condanna ex art. 461 c.p.p., a quella ex art. 667 in caso di dubbio sull’identità del detenuto, ai reclami previsti dall’Ordinamento Penitenziario (L. 354/1975).

Vanno depositate obbligatoriamente tramite PDP, invece, le opposizioni all’archiviazione ex artt. 410 e 411 c.p.p.

La prima, perché espressamente menzionata nel D.M. 13.1.2021 emanato in forza dell’art. 24 co. 2 che, come detto, attribuisce ai decreti ministeriali il potere di individuare “gli ulteriori atti per quali sarà reso possibile il deposito telematico nelle modalità di cui al comma 1”, per cui va oramai considerato non più valido il richiamo all’art. 410 c.p.p. contenuto nel comma 6-quinquies.

L’opposizione all’archiviazione ex art. 411 c.p.p. per particolare tenuità del fatto, perché non avrebbe alcun senso non prevedere la stessa modalità di deposito per la medesima tipologia di atto (a dimostrazione dell’identità di disciplina, gli artt. 408, 409, 410 e 410-bis c.p.p. si applicano anche all’opposizione ex art. 411 c.p.p.)

Non è fatta menzione del riesame contro il decreto di sequestro probatorio, che pure si svolge con le forme previste dall’art. 324 c.p.p. per il riesame delle misure cautelari reali (artt. 257 e 355 co. 3 c.p.p.).

Quest’atto dovrebbe essere comunque depositabile tramite PEC, o perché rientrante tra quelli di cui al comma 4 (“atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2) o, più correttamente, perché annoverabile tra “gli atti di impugnazione, comunque denominati” di cui al comma 6-quinquies, ed il riesame è ovviamente un’impugnazione.

Resterebbe il problema dell’individuazione della PEC cui trasmettere il gravame, che dovrebbe essere quella dell’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato e non quella del tribunale di cui all’art. 309 co. 7 c.p.p. perché questa modalità, come si vedrà, è riservata esclusivamente alle impugnazioni cautelari.

B) MODALITÀ DI DEPOSITO DELL’ATTO.

B.1) FORMA DELL’ATTO.

Secondo l’art. 3 del provvedimento del DGSIA del 9.11.2020 (https://pst.giustizia.it/PST/resources/cms/documents/provvedimento_depositi_pec_art24_c4.pdf) i file da trasmettere devono avere i seguenti requisiti:

  • l’atto deve essere un pdf “nativo”, quindi redatto con un qualsiasi programma di videoscrittura e salvato in PDF;
  • gli allegati (da indicare specificatamente: art. 24 co. 6-bis), invece, dovranno essere scansionati in PDF con risoluzione massima di 200 dpi;
  • l’atto e gli allegati (questi ultimi per conformità all’originale) vanno firmati digitalmente con formato PAdES o CadES;
  • la dimensione massima dei file da trasmettere è di 30mb, ma in caso di allegati più pesanti il deposito può essere eseguito mediante l’invio di più PEC (art. 24 co. 4).

Il deposito è consentito entro la fine del giorno di scadenza (art. 24 co. 4), quindi entro le ore 23.59 del giorno di scadenza (Cass. 17.11.2021, n. 46827 ha ritenuto contraria alla normativa la prassi delle Cancellerie di considerare le istanze pervenute in orario pomeridiano come pervenute il giorno successivo).

Naturalmente si applica la disciplina generale di cui all’art. 172 co. 3 c.p.p., per cui se il termine scade nel giorno festivo è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo.

B.2) A QUALI INDIRIZZI PEC VANNO INVIATI GLI ATTI?

  • Atti indicati nel comma 4 (“gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2”): alla PEC degli uffici giudiziari destinatari
  • impugnazioni: all’indirizzo dell’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato (non si applica l’art. 582 co. 2 c.p.p., quindi l’impugnazione non potrà essere spedita, ad esempio, alla PEC del tribunale del luogo in cui si trovano difensore e imputato se il luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento);
  • motivi nuovi e le memorie: alla PEC del giudice dell’impugnazione;
  • opposizioni (tranne quelle all’archiviazione per quanto detto sopra): alla PEC del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato;
  • reclami giurisdizionali previsti dall’Ordinamento Penitenziario: a seconda dell’oggetto del reclamo, alla PEC del magistrato di sorveglianza o a quella del tribunale di sorveglianza;
  • impugnazioni cautelari: alla PEC del tribunale di cui all’art. 309 co. 7 c.p.p.

 

Gli indirizzi PEC sono indicati nell’allegato al provvedimento del D.G.S.I.A. del 9.11.2020 (aggiornato il 16.6.2021:   (https://pst.giustizia.it/PST/resources/cms/documents/Allegato_ElencoCasellePEC_20210616_5.pdf ).

Poiché a diversi Uffici Giudiziari il D.G.S.I.A. ha assegnato più caselle di PEC, non è causa di inammissibilità (o di irricevibilità) l’invio a uno qualsiasi di questi indirizzi anche se diverso da quello indicato come abilitato alla ricezione di quel determinato atto da un provvedimento organizzativo dell’ufficio (in questo senso si è espressa Cass. 10.5.2021, n. 24953 che ha ritenuto ammissibile un appello cautelare ex art. 410 c.p.p. depositato a una casella PEC diversa da quella indicata come abilitata dal provvedimento organizzativo del presidente del tribunale, ma comunque compreso nell’elenco allegato al provvedimento del D.G.S.I.A.).

Di contro, è stata dichiarata inammissibile la richiesta di riesame trasmessa all’indirizzo indicato come utilizzabile da un provvedimento organizzativo adottato dal presidente del tribunale, diverso da quello assegnato dal D.G.S.I.A. (Cass. 9.11.2021, n.46119).

Di difficile comprensione è la disposizione di cui all’art. 24 co. 6-quinquies secondo cui anche le impugnazioni cautelari reali devono essere inviate alla PEC del tribunale di cui all’art. 309 co. 7 c.p.p., ovvero a quella del Tribunale del Riesame delle misure personali (“il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l’ufficio del giudice che ha emesso l’ordinanza”), laddove l’art. 324 co. 5 (per il riesame) e l’art. 322 bis co. 1-bis c.p.p (per l’appello) fanno riferimento al “tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento”. 

Si potrebbe pensare ad un’omissione del Legislatore e, per questo, considerare rituale l’inoltro dell’impugnazione all’indirizzo PEC del tribunale del riesame delle misure cautelari reali.

A parte la considerazione che la norma non è stata modificata né in sede di conversione del D,L. né successivamente, dunque va ritenuta, al contrario, frutto di una sua precisa scelta, c‘è che un gravame inviato alla PEC di quel tribunale sarebbe inammissibile ai sensi dell’art. 24 co. 6-sexies lett. e).

B.3) SOGGETTI LEGITTIMATI AL DEPOSITO VIA PEC

Il deposito via PEC è modalità riservata esclusivamente ai difensori, gli unici soggetti legittimati dall’art. 24 (come del resto dal D.M. 13.1.2021).

L’uso della PEC non è consentita, dunque, né al PM (in questo senso Cass. 11.5.2021, n. 24714 e Cass. 11.5.2021, n.29843) né alle altre parti personalmente (potendolo fare solo tramite difensore).

C) NUOVE CAUSE DI INAMMISSIBILITÀ DELLE IMPUGNAZIONI E OPPOSIZIONI.

In aggiunta a quelle previste dall’art. 591 c.p.p., l’art. 24 co. 6-sexies prevede ulteriori cause di inammissibilità legate alle modalità di trasmissione via PEC:

  1. a) mancata sottoscrizione digitale dell’atto da parte del difensore (non costituisce causa di inammissibilità dell’impugnazione di un provvedimento cautelare la modifica dell’atto intervenuta successivamente alla sottoscrizione digitale dal difensore, di cui sia attestata l’integrità e l’attendibilità, stante la tassatività delle cause di inammissibilità previste dall’art. 24, comma 6-sexies: 28.10.2021, n.40540);
  2. b) mancata sottoscrizione da parte del difensore degli allegati di cui al comma 6-bis per conformità all’originale;
  3. c) invio da un indirizzo PEC non ricompreso nei registri generali degli indirizzi certificati di cui al comma 4;
  4. d) invio da un indirizzo PEC non intestato al difensore;
  5. e) invio ad un indirizzo PEC diverso da quello indicato dal DGSIA per l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di riesame o di appello contro ordinanze in materia cautelare personale o reale, per il tribunale di cui all’art. 309 co. 7 c.p.p.

Se le ipotesi di cui alle lettere a), c), d) ed e) sono in qualche modo assimilabili a quelle previste dall’art. 591 c.p.p., alcuna giustificazione si rinviene in quella di cui alla lett. b), se non quella di “confidare” nella distrazione del difensore per ridurre il contenzioso…

Queste cause di inammissibilità si applicano, in quanto compatibili, anche agli atti indicati nel comma 6-quinquies, ad eccezione delle opposizioni all’archiviazione che, come detto, vanno depositate tramite PDP, mentre il comma 6-sexies si riferisce esclusivamente alle impugnazioni, opposizioni  e reclami inoltrati tramite PEC.

L’inammissibilità è dichiarata d’ufficio dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (o da quello di cui all’art. 309 co. 7 c.p.p. in caso di impugnazioni cautelari) che ne dispone l’esecutività (art. 24 co. 6-septies).

L’ordinanza è certamente ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 591 di cui è fatta salva l’applicazione dal comma 6-sexies.

Per la stessa ragione dovrebbe essere consentita la declaratoria di inammissibilità in ogni stato e grado anche dal giudice dell’impugnazione ai sensi dell’art. 591 c. 4 c.p.p.

 

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